Un giorno il mio compagno mi dice: -così non va, se non ti tiri in quadro ti mollo!- Ci tenevo a lui, e ci tengo tuttora, così un giorno mi feci coraggio e andai da una dottoressa che mi fece un certificato per potermi recare subito all’ospedale psichiatrico di Mendrisio. Il giorno prima di andare all’ospedale andai in tutoria con il mio curatore volontario per parlare della mia situazione. Lì firmai un foglio che mi impegnavo a disintossicarmi e ad andare a Gerra Piano (una comunità a breve termine).
Entrai a Mendrisio verso fine mese novembre e mi misero al quadrifoglio 3, in pigiama e pantofole per circa un mese. Fu dura. Presi un appuntamento con il mio operatore del CAD e la dottoressa del mio reparto chiedendo di andare in comunità, come pattuito con la tutoria e il mio curatore. Mi sentì dire che non faceva il mio caso e che 3 mesi di comunità non avrebbero risolto il mio problema. A Mendrisio c’è il quadrifoglio 4, centro di competenze, appositamente creato per tossicodipendenti. Così pensai che andando là non solo sarei potuta uscire dal reparto accompagnata in ergoterapia, a fare dei lavori manuali, ma anche sarei riuscita finalmente ad andare in comunità. Fu una delusione. Neanche stando lì potevo andarci. L’operatore più volte mi proponeva un programma ambulatoriale, quindi dare le dimissioni e tornare a casa. Io sapevo che né il mio curatore, né il mio compagno sarebbero stati d’accordo, tanto meno mia madre e mia sorella.
Caddi in depressione, non vedevo le dimissioni, non andava bene l’idea della comunità, insomma non vedevo una via d’uscita. Parlai al mio compagno del progetto ambulatoriale e lui mi disse che poteva essere un’idea mentre il mio curatore non era d’accordo. Avevo fissato la data di dimissione per mercoledì, ma aspettai perché proprio quel mercoledì avevo un colloquio con il mio operatore del cad, il dottore del mio reparto, la mia psicologa e il mio curatore. Loro gli spiegarono bene il progetto e dissero anche che nel mio soggiorno in clinica avevo effettuato un buon percorso. Uscii venerdì (santa Liberata).
Il progetto ambulatoriale consisteva in: recarmi tutti i giorni all’Ingrado, prendere la terapia che prendevo in clinica, prendere l’antabus, dare, a sorpresa, le urine e lavorare in cucina dalle 9.00 alle 11.00. Avere inoltre un colloquio settimanale con il mio operatore e uno con la mia psicologa.
Sono circa tre mesi che sono uscita dalla clinica psichiatrica e finora tutto procede bene. Ho dato sempre le urine pulite, inoltre mi sto dando da fare per cercare un posto di lavoro come apprendista cuoca, visto che avevo interrotto l’apprendistato. La mia psicologa mi ha trovato un posto di lavoro, al centro diurno di Bellinzona in cucina a tempo pieno. Incomincio a lavorare lì verso il metà aprile.
Il tempo trascorso qui all’ingrado mi è stato molto utile. Gli operatori sono gentili e disponibili, anche gli stageair. Se fossi uscita dalla clinica senza questo programma non so come sarebbe stato. So solo che rendermi utile la mattina, dare le urine, prendere la terapia, parlare e sentire il mio operatore e la mia psicologa una volta la settimana mi ha fatto e mi fa bene.
Ringrazio di cuore chi mi è stato vicino fino ad ora.
Un utente.
Il progetto ambulatoriale consisteva in: recarmi tutti i giorni all’Ingrado, prendere la terapia che prendevo in clinica, prendere l’antabus, dare, a sorpresa, le urine e lavorare in cucina dalle 9.00 alle 11.00. Avere inoltre un colloquio settimanale con il mio operatore e uno con la mia psicologa.
Sono circa tre mesi che sono uscita dalla clinica psichiatrica e finora tutto procede bene. Ho dato sempre le urine pulite, inoltre mi sto dando da fare per cercare un posto di lavoro come apprendista cuoca, visto che avevo interrotto l’apprendistato. La mia psicologa mi ha trovato un posto di lavoro, al centro diurno di Bellinzona in cucina a tempo pieno. Incomincio a lavorare lì verso il metà aprile.
Il tempo trascorso qui all’ingrado mi è stato molto utile. Gli operatori sono gentili e disponibili, anche gli stageair. Se fossi uscita dalla clinica senza questo programma non so come sarebbe stato. So solo che rendermi utile la mattina, dare le urine, prendere la terapia, parlare e sentire il mio operatore e la mia psicologa una volta la settimana mi ha fatto e mi fa bene.
Ringrazio di cuore chi mi è stato vicino fino ad ora.
Un utente.
1 commento:
“La scrittura è l’ignoto. Prima di scrivere non sia sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità. È l’ignoto di sé, della propria mente, del proprio corpo. Non è neppure una riflessione, scrivere è una facoltà che si ha fuori di noi, parallelamente a noi, di un altro che appare e si fa avanti, invisibile, dotato di pensiero, d’ira e che per questo motivo è in pericolo di rimetterci la vita. Lo scritto arriva come il vento, è nudo, è l’inchiostro, è lo scritto e passa come niente altro passa nella vita, niente di più, se non la vita stessa.”
Marguérite Duras “Scrivere” Feltrinelli 1994
Mi sono chiesta che cosa si può trovare nella scrittura. Mi chiedo chi sia uno scrittore e chi sia invece un “malato”. Perché non usarla come terapia? Io l’ho sperimentata, una terapia che mi curasse dal mio male oscuro, che facesse smettere di crogiolarmi nelle verità supposte che vomitavo sulle pagine bianche.
Una terapia da me stessa e per me stessa. Per curarmi dai mali del mondo, per proteggermi, per trovare delle risposte o semplicemente per pormi delle domande inevase. E lasciarle inevase. Forse perché senza risposta, forse perché la risposta non mi piaceva.
Tutto ciò per dirvi che scrivere mi ha aiutata. Sto bene. Sono (quasi) guarita. Forza ragazzi!
Grazie ad OLMO per avermi segnalato il vostro blog.
Carla
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