29/05/08

Come siamo arrivati alla globalizzazione

A cura di Cris

Quando cambio' tutto? Quando da un mondo rurale, contadino, l'uomo comincio' a cambiare il mondo per poterlo sfruttare meglio?

Nel secolo scorso nel 1834 si facevano strada i motori a vapore. La prima ferrovia del mondo faceva la sua comparsa nella Londra vittoriana. Il primo trasporto su rotaia fu finalmente attivo, le distanze che prima si potevano coprire al massimo alla velocita' di cavallo sono superate in un attimo. Una nuova rivoluzione stava cominciando. L'Inghilterra era un impero, ricchezze immense arrivavano in Europa dai cinque continenti; anche le navi beneficiarono dei motori a vapore, aumentavano i tonnellaggi e le dimensioni delle navi che potevano inoltre trasportare nuove e terribili armi per soggiogare praticamente tutte le coste del pianeta che non fossero già in mano a bianchi.
Soggiogate le distanze ora era necessario trovare la maniera di controllare oltre che lo spazio anche il tempo. A Londra fu costruito il piu' grande e preciso orologio del mondo al quale tutti noi anche oggi facciamo riferimento: il Big Ben sul merdiano di Greenwich, furono inventate le fasce orarie per poter sapere dall'altra parte del mondo che ore erano, necessario per avere un controllo globale maggiore; sulla base, naturalmente dell'orario di Londra, naturalmente. Gli inglesi guardando il mappamondo videro che l'Inghilterra era posizionata piu' a nord e ne dedussero che evidentemente chi era piu' a settentrione era piu' virtuoso, il fatto che ora fosse nel centro del tempo non faceva che confermare questa tesi.

Occorreva un altro mezzo che mettesse in relazione spazio e tempo, che permettesse di comunicare a distanze infinite e fece la sua comparsa il telegrafo. Ora praticamente ogni angolo del pianeta era raggiungibile, con l'uso combinato di questi nuovi elementi il mondo ebbe un cambiamento epocale.

Tutto cio' non porto pero' nemmeno in Gran Bretagna l'uguaglianza nel benessere condiviso, schiere di esseri umani conobbero nuovi tipi di sfruttamento. Nacquero le fabbriche che grazie alla rivoluzione del vapore e i macchinari che esso permetteva richiedevano il lavoro in serie, dove un uomo non aveva la visione dell'intero processo lavorativo, in piu' nessuno lo proteggeva dalle angherie e dagli abusi .Viveva male l'operaio, cosi venne chiamato quest'ennesimo ingranaggio richiamato nei centri urbani dalla fame, dall'aumento demografico e dai sogni propri dei diseredati. Le immense ricchezze erano in mano di pochi e poco disposti a cedere alla plebaglia che aborriva .E fu in quel periodo che si fecero strada nuove idee, portate avanti da persone come Marx, Engels e molti altri. Vi furono i primi moti, le prime rivolte, di disperati che si ammazzavano di lavoro in turni assurdi, che non vedevano piu' la luce del sole e inciampavano nelle stelle. Furono caricati senza pieta' da cani alla catena degli oligarchi ossia coloro che detenevano il novanta per cento delle ricchezze immense. Le rivolte di chi chiedeva pane e dignità furono stroncate senza pietà. I soldati, al servizio dei padroni, ricchissime famiglie aristocratiche che davano il loro oro in cambio dell'appoggio nella loro politica di espansione all'esterno e di repressione all'interno dell'impero inglese. Ma non si ferma una marea. E il discorso valse, con ragioni diverse ma con il comune denominatore nello sfruttamento e nell'aumento impressionante delle nascite un po' in tutta Europa.
Mi ricordo io ancora piccolo sentire la mia anziana bisnonna quando vedeva una situazione di disordine e caos diceva “l'e succedü un quaranttot” a ricordare che il 1848 fu un anno di disordini, rivolte, tragedie, guerre e caos. Nacquero i movimenti anarchici, che credevano in una societa migliore da attuarsi con il rovesciamento dell'ordine costituito di quel tempo. Molto di ciò che essi proponevano era utopistico e spesso violento, ma nelle teorie di alcuni molte idee erano pure, sperando in una società più giusta. L'estensione delle rivolte degli operai nelle citta' e dei contadini nelle campagne spavento i potenti che furono cosi costretti a fare delle concessioni a loro favore, come orari settimanali meno pesanti, retribuzioni un po' piu' giuste e furono persino pagati i bambini che lavoravano nelle miniere di carbone nei cunicoli piu' stretti che non permettevano il passaggio di un uomo adulto.

Fra innovazioni, rivoluzioni, anche culturali arriviamo ai primi anni del ventesimo secolo caratterizzato da un colonialismo sfrenato, delusioni sociali, la definitiva consacrazione della borghesia, il ceto che oggi diremmo medio, che non deve le sue origini al sangue blu, ma per lo più al proprio spirito di iniziativa. Nuove idee si facevano strada, idee che mettevano in discussione il vecchio ordine sociale; l'incredibile aumento demografico obbligava schiere di emigranti da tutto il continente a cercare rifugio in nuovi e lontani mondi, con la speranza di vita migliore lontano dalla fame e dalle Questo fenomeno era addirittura endemico nel nostro Cantone Ticino, da dove fino addirittura gli anni sessanta del novecento un ticinese spesso trovava nell'emigrazione l'unica speranza di sopravvivenza; tutto ciò dovrebbe far parte dell'odierna memoria collettiva, riflettendo sul fatto che se oggi da tutto il mondo molte persone cercano rifugio in un mondo diverso e lontano dalle proprie origini, cultura, famiglia lo fa perché ne ha bisogno come noi tempo fa. Tuttavia, Il nuovo secolo si apriva alle grandi masse, colmo di illusioni; speranze che furono infrante contro le barriere di filo spinato, negli anni spezzati di una generazione che fu massacrata nelle trincee di una tragedia di massa che mai l'uomo aveva conosciuto, per dimensioni, per numero di morti.

Distruzioni e massacri inutili. Dentro le trincee della prima guerra mondiale sparì un'intera generazione di idealisti, pericolosi per il vecchio ordine europeo che nelle loro speranze chiamarono quella guerra, GUERRA DI SECESSIONE, nella speranza che le teste coronate e i potenti non fossero piu' i giudici delle loro vite.

Continua alla prossima puntata...

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